Le locazioni commerciali e le restrizioni per il Covid-19.

Il canone di locazione per gli immobili commerciali si deve pagare nonostante le restrizioni adottate per il Covid-19 e in particolare a seguito dell’obbligo imposto all’esercente di tenere le serrande chiuse?

E dopo aver superato la fase delle restrizioni che impongono gli obblighi di chiusura e nell’ipotesi in cui, nella c.d. fase 2, vengano imposti distanziamenti sociali e restrizioni alla libera circolazione delle persone, misure tali da compromettere le vendite e i ricavi rispetto al periodo antecedente al Covid-19, il canone di locazione potrà essere ridotto?

Sono le domande che si stanno ponendo tutti gli esercenti di bar, ristoranti, laboratori artigianali, parrucchieri, centri estetici, botteghe, attività commerciali in generale.

Proviamo a fare chiarezza.

Anticipo le risposte per poi articolare la normativa e il ragionamento che ha portato alle conclusioni.

– finché dura l’emergenza Coronavirus e le imposizioni di chiusura il canone di locazione può essere sospeso; terminata l’emergenza il canone pregresso va pagato ma senza interessi. A seguito del pagamento del canone di locazione per il mese di marzo (probabilmente prorogato anche nel mese di aprile) il conduttore potrà usufruire di un credito di imposta pari al 60% del canone corrisposto.

– Se il conduttore dell’immobile non ha provvista economica per affrontare il pagamento del canone di locazione e/o l’attività lavorativa e, quindi, i ricavi diminuiscono per le restrizioni dovute al coronavirus, può:

  1. i) contattare il proprietario dell’immobile commerciale e accordarsi per la riduzione del canone di locazione.
  2. ii) in caso di esito negativo della trattativa richiedere la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità della prestazione e richiedere una indennità di avviamento commerciale pari a 18 mensilità del canone di locazione.

Analizziamo, ora, quali sono gli aiuti previsti dal Governo, la normativa di settore e il ragionamento che ha portato alle conclusioni sopra formulate.

1) Intervento del Governo.

Con il decreto governativo n. 18/2020 è stato inserito un credito d’imposta pari al 60% del canone di locazione del mese di marzo, riconosciuto a tutti i conduttori che abbiano dovuto sospendere le loro attività per via delle restrizioni imposte a causa del coronavirus.

L’aiuto governativo per fronteggiare la chiusura dell’attività commerciale prevede, quindi, che il corrispettivo del canone di locazione venga regolarmente pagato e, a seguito del pagamento, il conduttore avrà la possibilità di usufruire di un credito di imposta pari al 60% dell’importo del canone di locazione del mese di marzo (probabilmente l’intervento sarà disposto anche per il mese di aprile).

Se da una parte l’intervento aiuta l’esercente con la compensazione del 60% del canone di locazione per il mese di marzo attraverso un credito di imposta (utilizzato nel corso dell’anno) è altrettanto vero che il corrispettivo del canone deve essere pagato nonostante il blocco dell’attività commerciale. È evidente che l’aiuto ad una attività commerciale appare decisamente contenuto e poco risolutorio riguardo i problemi che affrontano gli esercenti a causa dell’obbligo di chiusura delle attività.

2) Cosa prevede la normativa in materia di obblighi contrattuali rispetto l’obbligo di chiusura delle attività commerciali per motivi di ordine sanitario.

– Una risposta alle domande che ci siamo posti è data dal codice civile.

Per rispondere alla prima domanda è utile esaminare l’art. 1256 c.c.

Il II comma dell’art. 1256 c.c. (“impossibilità sopravvenuta temporanea per causa non imputabile al debitore”) prevede che il debitore non è responsabile del ritardo all’adempimento degli obblighi previsti nel contratto se l’impossibilità ad adempiere è temporanea e dovuta da una causa di forza maggiore.

Il debitore, finché perdura l’impossibilità, è giustificato a ritardare l’adempimento dei propri obblighi.

Gli esercenti delle attività commerciali obbligati alla chiusura degli esercizi commerciali, non potendo, nella situazione di emergenza, svolgere la loro attività, sono giustificati a ritardare il pagamento del canone di locazione fino al momento di cessazione dell’emergenza e senza, quindi, l’applicazione di interessi.

In altri termini, finché dura l’emergenza sanitaria, il mancato pagamento del canone non genera responsabilità. Però una volta cessata l’emergenza e a seguito della ripresa dell’attività commerciale, il conduttore dovrà versare i canoni pregressi, sia pure senza corrispondere gli interessi.

– Per rispondere, invece, alla seconda domanda è utile esaminare il codice civile all’art. 1467 c.c. e l’art. 34 della L. 392/1978 (c.d. Legge equo canone).

L’art. 1467 prevede che il debitore possa richiedere la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità della prestazione.

L’articolo del codice civile stabilisce che nei contratti a prestazioni corrispettive ad esecuzione continuata o periodica (nella quale rientra il contratto di locazione) se la prestazione di una delle parti è diventata  eccessivamente onerosa per il verificarsi di avvenimenti straordinari e imprevedibili, la parte che deve eseguire la prestazione può domandare la risoluzione del contratto.

La parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto. 

 

La norma prevede, quindi, che l’esercente possa richiedere la risoluzione del contratto di locazione nel caso in cui il pagamento del canone sia diventato troppo oneroso.

L’art. 1467 c.c., inoltre, va collegato con il diritto del conduttore a ricevere dal locatore, in caso di risoluzione del contratto, l’indennità di avviamento (pari a 18 mensilità ex art. 34 L. 392/1978).

L’indennità dell’art. 34 L. 392/1978 è infatti esclusa solo nel caso di risoluzione per inadempimento, che è cosa ben diversa dalla risoluzione ex art. 1467 c.c., la quale interviene a far cessare l’efficacia di un contratto prima dell’inadempimento, in ragione della sopravvenuta eccessività onerosità della prestazione

Per l’effetto delle disposizioni di cui all’art 1467 c.c. e dell’art. 34 L. 392/1978, nell’ipotesi che vengano adottate dagli organi statali misure tali da compromettere le vendite e quindi i ricavi rispetto al periodo antecedente al Covid-19 (chiusura forzata, restrizioni nell’affluenza degli avventori nell’esercizio commerciale, compromissione del turismo interno ed estero, ecc. ecc.) il conduttore dell’attività commerciale potrà, quindi, richiedere la risoluzione del contratto di locazione e una somma a titolo di indennità di avviamento pari a 18 mensilità del canone di locazione stabilito in contratto.

È evidente che questa iniziativa provocherebbe danni economici sia al conduttore sia locatore dell’immobile.

Il conduttore si vedrebbe costretto a cessare la propria attività commerciale (che è fonte di lavoro e guadagno) a fronte di una indennità pari a 18 mensilità del canone di locazione; indennità che spesso risulta essere inferiore al valore di mercato dell’esercizio commerciale.

Il locatore, invece, oltre a dover corrispondere al conduttore il pagamento di 18 mensilità a titolo di perdita dell’indennità di avviamento, si ritroverebbe a dover riproporre al mercato un immobile commerciale ad un canone di locazione inferiore rispetto a quello contratto con il precedente conduttore; immobile, che in alcuni casi, potrebbe anche essere sottoposto a vincoli di tutela comunale, con ulteriore aggravio rispetto la facilità di locazione.

Alla luce di quanto fin qui esposto è consigliabile, quindi, che il locatore e il conduttore trovino un accordo al fine di affrontare congiuntamente i danni provocati dall’emergenza Coronavirus.

 

A ben vedere, è lo stesso l’art. 1467 c.c., nel comma relativo alla rinegoziazione delle condizioni economiche del contratto per sopravvenuta eccessiva onerosità, che prevede la possibilità di evitare la risoluzione del contratto modificandone il contenuto e, in particolare, la parte contro la quale è domandata la risoluzione può evitarla, offrendo di modificare equamente le condizioni del contratto.

Sfruttando, quindi, l’opportunità offerta dal secondo comma dell’art 1467 c.c. le parti potrebbero ritenere vantaggioso rinegoziare temporaneamente o definitivamente il contratto di locazione fino al perdurare della crisi economica anziché restare fermi sulle proprie posizioni.

                                                                                                                   A cura dell’Avv. Mario Guido Papotto